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2002 I cerini di Santo Nicola
2002

I cerini di Santo Nicola

I cerini della buona favella

La Notte di Natale, nei dintorni della stazione monumentale di Milano, insolitamente vuota e coperta di neve, alcuni diseredati gravitanti nella zona si aggruppano attorno al fuoco di un grosso bidone. Uno di loro, il Secco, poco loquace e dal passato più glorioso, trova una scatola di cerini che scaldano l'anima... Inducono al racconto.

Ognuno degli occasionali accoliti darà allora vita ad un racconto: sono racconti animisti, fantastici, ancestrali, la rievocazione di un concerto di Louis Prima, il cantante più natalizio che mai registrò una canzone di Natale; una ciurma nella bottiglia che finisce nel gran festeggiamento marino degli abissi; un cimitero animista di lavatrici e elettrodomestici, dove si trova l'albero della cupa, la cui luce attira tutti gli animali notturni; l'apparizione di un cane mannaro, il pumminale; un corteggiamento e gran ballo di vecchi pianoforti scordati, miracolosamente animati; un'idea del Paradiso e l'arrivo finale a mezzanotte, e a cerini esauriti, di Santo Nicola, italianissimo e autentico progenitore del più globale Santa Claus.

Suoi sono i cerini della buona favella, che attizzano la fantasia e donano l'eloquenza, unico dono che si è tenuto da parte il santo, emigrante, solo e malaccompagnato che, dopo essersi spiegato, benedice gli astanti e con una grande fiammata li illumina e, come nelle antiche feste dei folli, rende gli ultimi primi e i primi ultimi, in quella particolare ricchezza che è la parola.

 

Vinicio Capossela

24 dicembre 2002. «I cerini di Santo Nicola» trasmesso su Rai Radio Due

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Il racconto è scritto da Vinicio Capossela e Jacopo Leone appositamente per la radio, per la Notte di Natale, e segue il racconto sonoro tratto dal Canto di Natale di Charles Dickens realizzato nel 2001. 
La parte musicale è affidata a una scarna orchestrina di senza dimora attorno al fuoco del bidone suonanti armonio, banjo e contrabbasso. Alcuni brani sono tradizionali natalizi in inedita versione italiana. Voglio essere come te è tratta da Il libro della Giungla.
Lo sfondo musicale è tratto dal riverbero di vecchie registrazioni. Le voci sono di Vinicio Capossela, con inserti di alcuni fuoridicasa di sua stretta conoscenza. 


Il radioracconto è stato registrato negli studi milanesi di Rai Radio Due nel mese di dicembre 2002. La produzione di Giorgio Bozzo per Goin'Nuts è curata in Rai da Fabrizia Boiardi. Editing testo di Francesca Leoncini. Musicisti: Giancarlo Bianchetti (banjo, chitarra, ukulele), Glauco Zuppiroli (contrabbasso), Vinicio Capossela (armonio, piano, theremin, sega). 

22 dicembre 2017. «I cerini di Santo Nicola» in scena alle OGR di Torino

Venerdì 22 dicembre 2017 alle OGR di Torino Vinicio Capossela ha messo in scena I cerini di Santo Nicola, un «Racconto infiammabile per voci, suoni e canzoni» di ispirazione natalizia. Si tratterà di fatto della prima e unica messa in scena di un testo originariamente concepito come radiodramma, andato in onda la notte di Natale del 2002, e oggi proposta in una nuova versione arricchita dall’apparizione straordinaria di Paolo Rossi come ospite speciale, insieme al mago Christopher Wonder, al gigante Marco Cervetti e ai musicisti Vincenzo Vasi, Glauco Zuppiroli e Alessandro "Asso" Stefana. 

Sono passati 15 anni da quando, nel periodo del Natale 2002, con Jacopo Leone e Francesca Leoncini giocammo a inventarci un protettore delle vittime dei propri errori, un protettore degli scappati di casa, di quanti hanno perso il ritorno, di quanti sono migrati e restati nell’orbita del magnete della Stazione Centrale senza più andarsene. Lo eleggemmo nella figura di un santo emigrante, ai nostri occhi scalcinato, di nome Nicola, come molti degli emigranti meridionali che ci si erano affidati. Parente di quel Nicolaus che fu il primo portatore di doni e che poi si fece poi rubare il mestiere da Babbo Natale.

 

Si è fatto portare via tutti i regali volentieri, perché dei desideri di grandi e bambini non si fida: sono infiniti e mutevoli, e anzi ammonisce di fare attenzione a quel che si desidera che poi magari è capace che si avvera.  

 

Si è tenuto da parte un solo dono, dei cerini di legno, una cosa da niente che però compie un grande miracolo: dona la capacità di sapersi parlare, dona la possibilità del racconto e perciò della com-passione, della com-prensione. La capacità di vedere nelle disgrazie degli altri anche le nostre e dunque assolversi e essere in qualche modo fratelli: tutti disgraziati alla pari. La pioggia si è fatta neve e non ferisce, ma bagna… L’incantesimo del fuoco e del racconto nella stagione dell’inverno, necessario perché, come dice il santo, chi è solo se ne accorge a Natale.

I racconti si succedono attorno a un focolare che non è domestico, ma è un bidone, come quello acceso ai tempi del Binario 21 per la protesta contro la soppressione dei treni notturni.

Da allora tante sarebbero le occasioni di raccontare altre solitudini attorno a una stazione che nel frattempo ha acquisito nuovi led digitali luminosi, ma resta che la solitudine più grande è parlare, urlare per le strade senza che nessuno sia disposto ad ascoltare. Che è poi quello che fanno tutti, che sia per strada o nei nuovi strumenti di comunicazione: molti urlano e pochi si ascoltano, perciò il nostro Sante Nicola ha sempre parecchio da fare.

I cerini si sono consumati, è un po’ più invecchiato, non ha una barba bianca e fluente, ma una barba senza fare di una settimana  perché non ha fissa dimora. Sono aumentati gli acciacchi, non è messo bene… Ha cambiato la 127 tagliata a metà e trainata da cani randagi, ma arriva sempre accompagnato da malebestie a ricordarci che, come da bambini, lo spavento è terapeutico, ma la paura somministrata a sistema è strumento di potere. E che il dono del dialogo, del sapersi parlare è sempre un dono prezioso, che non ha bisogno di vetrine e tredicesime per essere donato.

E per questo pubblichiamo questo testo in maniera semi clandestina in occasione di questi concerti di “Ombre nell’inverno”, nella speranza che sappia donare se non l’eloquio, almeno il tempo di farci attenzione.

Novembre 2017

Vinicio Capossela