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uomo, viso
2010

The Story-Faced Man e La faccia della Terra

The story faced man

«The Story Faced Man» è una raccolta di brani di Vinicio Capossela pubblicata nel 2010 dall'etichetta inglese Nonesuch Records e pensata per il pubblico estero. 

 

Come si può rendere la simultaneità dei pensieri, delle vicende, di vite ingarbugliate al pari dei suoni del Wurlitzer? È possibile tradurre visivamente una sensazione, con altri strumenti? Visualizzare un sentimento con un colore?

La chiave è nel racconto.

Senza ricalcare, ma identificando l’emozione da un’altra angolazione, svelare in altre parole lo stato d’animo di ogni storia sensazionale! La storia di una sensazione! Immagini che popolano la nostra mente, che si leggono negli occhi e nelle mani come un libro, che ci crescono in faccia, posseduti come siamo dalle nostre oscure fantasie. Indecifrabili nell’insieme, incomprensibili da sole. Storie solitarie anche se camminano in gruppo, che s’incrociano tra loro come i cugini dei cani, senza altro riferimento che la ricerca dell’unica libertà negatagli dal destino, di essere responsabili e artefici delle proprie sventure. Affidando comunque alla fortuna il riscatto della propria esistenza, affrontata con scherzosa saggezza e coraggiosa malinconia. Una battaglia di corsa. Alla faccia del destino.

 

Storie da cantare di notte alla luna, il paradiso dei lupi. Avventure contropelo subìte in silenzio come un fondale cinematografico. Volubili come nuvole colorate che affiorano negli abissi di un cielo ormai nero, in cui non si distingue più il desiderio dal presagio, il sogno dall’incubo, un’idea da una paura. Pulviscolo di contrasto a sottolineare, con lividi multicolore di smarrita complementarietà, lì dove fa più male. Lo spettacolo è tutto fuori, dove la storia succede, prima che la si possa raccontare. Dentro non inizia niente, finisce solo. Così da lasciare il posto al cane mannaro (quello che non ci nasce ma ci diventa), ai nuovi rinnegati, a nuove mostruosità, a tutti i mezzo e mezzo che non significa un po’ dell’uno e un po’ dell’altro, ma né l’uno né l’altro. Viviamo lo stesso dramma del Licantropo o del Minotauro che non riesce a dirimere il dubbio se nel rodeo della sua vita debba cavalcare o essere cavalcato.

Figure che vagano, brancolano alla deriva senza ricovero, al buio come i dannati, senza tendone da circo che li ripari. Lo spettacolo controverso della realtà genera ombre cui prestiamo la nostra effimera consistenza. Le nuove mostruosità si manifestano non sotto forma di stranezze deformi o di abilità straordinarie, ma attraverso gli effetti prodotti. Le assurdità, le incongruenze contemporanee “incredibili ma vere”, sono sempre la solitudine, la fame, la mancanza di calore, l’incomunicabilità, la disillusione e, cosa che non avrei mai immaginato, l’attualità. Eccola la nuova mucca a tre teste. Freaks condannati a sopravvivere a se stessi, a sogni e speranze coltivate con tanta inutile premura. Esseri crepuscolari e notturni come coyote, dai lamenti prolungati e carichi di nostalgia con cui misurare la lontananza; analfabeti multilingue, testardi e malinconici come umani. La distanza è un espediente per parlare al presente, la metafora è solo temporale. Varcato il sipario a sogno finito, ci si sveglia al buio. Ecco, questo è quello che ho sentito e che ho cercato di rendere graficamente. Un rassegnato fermo immagine, vibrante di mancanza come un cupo miraggio.

Nei pensieri il movimento è solo pensato, non esiste, è un’illusione, sembra solo. Lo sono anche le parole, burattini animati dalla narrazione. La Storia ha radici in vedere, sapere, riconoscere, trovare; una diffusa narrazione dei fatti, di avvenimenti degni d’essere tramandati nelle vesti di leggenda, novella, rappresentazione, breve racconto o semplice descrizione; oppure ancora relazione, cosa lunga e intrigata, ricordo, memoria, in poche parole "esposizione conclusa in sé di uno o più eventi particolari veri o immaginati", al pari di esperienze, idee, emozioni e, tranne in questo caso, ripensamenti. 

 

Jacopo Leone

 

Un articolo sul concerto di Capossela al Barbican tenutosi il 15 febbraio 2011 comparso sul Times, ad opera di Clive Davis.

La faccia della terra

Nel 2010, Vinicio Capossela pubblica con Feltrinelli un film in formato dvd con libro dal titolo «La faccia della terra», come l'omonimo brano contenuto in «Da Solo». Questo film, infatti, si configura come un viaggio fisico e interiore lungo le storie che fanno da contraltare alla scrittura e alla lavorazione di «Da solo».

Un film racconto "on the road" alla scoperta di stagioni scomparse, strumenti inconsistenti, personaggi fantastici e quotidiani, storie di vita che evocano suggestioni e pagine che diventano canzoni in carne e ossa, incontri fortuiti e fatali, solitudini specchiate, side shows da rodeo americano.

Un brulicare di storie e di vita che affiorano sulla faccia della terra come su quella dell'io narrante, deturpandone i lineamenti e intrecciandoli per sempre a quelli dei suoi personaggi.

Girato con tecnica mista da Gianfranco Firriolo, «La faccia della terra» offre uno spaccato inedito sull'universo artistico di Vinicio Capossela finendo per essere, oltre che narrazione cinematografica, un occhio indiscreto che immortala, quasi in prima persona, il processo creativo che si nasconde dietro ogni storia, dentro ogni canzone.

Trasformando quello che inizialmente doveva essere un semplice backstage girato da un amico, il regista amalgama il materiale grezzo alla fonte del disco servendosi di diversi linguaggi tra cui quello del reading, della video poesia e del clip musicale.

Realtà, finzione e surreale si alternano in questo strambo "film racconto", nell'audace intento di scardinare il classico genere del "dietro le quinte" nel mentre trasmesso dalle tv dei motel...

Trailer di «La faccia della terra»

Diretto da Gianfranco Firriolo. 

Note del regista

Ne «La faccia della terra» quello che vediamo è un Vinicio senza filtro, senza maschere: l'artista e le sue ispirazioni.

Mi ha confessato di non essersi quasi accorto mentre giravo… Merito anche della tecnologia. La versatilità e l'immediatezza del mezzo digitale, il non essere "invasivi", il poter far tutto da sé, senza necessità di molta luce, l'essere sempre pronto a cogliere l'attimo e il fatto che la mia presenza come "operatore" non fosse avvertita danno, dal mio punto di vista, il vero valore aggiunto al film.

E attorno a Vinicio, insieme a Vinicio c’erano gli altri attori, i luoghi, i paesaggi, le città, le strade, le stazioni, i binari, i motel, le loro assurde tappezzerie e tv, le stanze, i Luna Park, e tutti i luoghi che, come dice Wenders, “occorre rispettare; chiedono tanto rispetto quanto ne accordiamo agli attori".

 

Penso che i "making of" si assomiglino un po' tutti: riprese grandangolate e in movimento, incursioni alle spalle dei musicisti braccati come calciatori di serie A a fine partita e costretti al commento a caldo.

 

E poi le lunghe interviste ai protagonisti le cui risposte, spesso, circolano già da tempo sul web... Da qui, la mia personale esigenza di effettuare riprese quasi esclusivamente strette e molto in dettaglio, cercare di far sentire l'essenza e la materia delle cose, soprattutto degli strumenti. Anche sulle espressioni del volto di Vinicio ho voluto esagerare negli stretti, far parlare le espressioni dei volti, le mani che si muovono sui tasti come in una danza… E poi la luce, esaltando il gioco chiaroscurale, i volumi e il mistero delle immagini.

 

Una volta tornati dal viaggio il disco era stato formalmente concluso e davanti a me si affacciava un grande dilemma: cosa fare con le venticinque ore di girato? Può un "dietro le quinte" sublimare in qualcosa di più poetico? Forse.

Il desiderio di far conoscere il Vinicio non trovabile su YouTube, delle interviste, dei concerti registrati con i telefonini, si faceva sempre più forte e insinuante tanto da diventare una vera esigenza e necessità.

Qual è il rapporto intimo con la scrittura? Cosa c’è dietro ogni canzone? A quali storie rimandano queste storie?

Innanzitutto ho deciso di non utilizzare le interviste che avevo raccolto durante le incisioni e ho optato per le immagini supportate dai racconti e dai pensieri di Vinicio in voce fuori campo. L'idea del "reading filmico" si faceva sempre più largo, quasi a sentire i pensieri.

Il film si divide in due parti: la prima riguarda le storie degli strani strumenti che hanno preso parte alle registrazioni dell'album. 

Il contesto resta però surreale: il Vinicio che vediamo addentrarsi nel corridoio di un metaforico Side Show è, in realtà, la creazione immaginifica che egli fa di se stesso, frutto della folgorazione avuta al Luna Park di Austin.

Nel secondo blocco le parti si invertono: i testi provengono dalle pagine di vecchi diari alla base dei due brani "americani" e da due estratti di «Winesburg, Ohio». Qui la scelta delle immagini è stata molto più difficile; hanno supportato le parole in via più emozionale.

Il linguaggio della "video poesia" predomina, specialmente sul primo estratto dal libro, «Solitudini», il racconto che descrive Enoch. Con quali occhi Vinicio vede la città in quel momento e con quali Enoch? Dove sta il confine tra i due? Le immagini di New York e delle stanze che vediamo sono la soggettiva di Enoch o di Vinicio? …Forse di entrambi.

...intanto a commento sonoro sentiamo una grancassa... il racconto si fa sempre più drammatico...

Un paio di scene, reali, però, riportano alla realtà oggettiva delle riprese: una citofonata allo studio di Brooklyn e il batterista alla grancassa ci ricordano per un attimo che Vinicio è comunque lì per lavorare al suo disco e che, di fatto, alla base di tutto c'è un  "making of"...

Vedere un luogo attraverso gli occhi dei personaggi di un libro mi ha sempre affascinato, e anche qui tutto diventa un gioco di specchi dove Vinicio sta a La faccia della terra come Sherwood Anderson sta al suo Winesburg, Ohio.

 

Vinicio è "uomo che guarda", osserva il mondo e "la faccia della terra" attraverso le finestre di casa sua a Milano, dai motel e le loro tv, dal corridoio del Side Show, dal suo immaginario. È la messa in scena di mondi incassati l'uno all'altro come in una sorta di matrioska audiovisiva. L'immergersi totalmente in ciò che lo colpisce e la passione che ne deriva sono quello che rende Vinicio ciò che è. È proprio questo suo atteggiamento, il fatto che guardi le cose per come sono, senza filtro, con gli occhi di un bambino, lui guarda, non vede soltanto, e vive anche le sue emozioni per come le prova, non si chiede perchè le sta provando e come può domarle, le vive e basta... È così che il luogo comune non è più luogo comune, è così che un tram milanese non è più un semplice mezzo di trasporto, ma una metafora del tempo, è così che un semplice imbonitore che chiunque altro giudicherebbe trash e triste, provoca in lui quella reazione, quella faccia, la faccia da storyfacedman e diventa poi l'ispirazione per uno spettacolo affascinante e magico come il "Solo show", è così che gli spazi sconfinati e i silenzi americani, anche se li hai visti migliaia di volte, diventano ad un tratto antichi e nuovi allo stesso tempo...

 

 

 La vita normale, intanto, scorre... l'uomo lupo imprigionato da colla e carta ci guarda.

 

 

Buona visione.

 

 

Gianfranco Firriolo